Per parlare del grande Savoia è necessario innanzitutto parlare di tutta l’ organizzazione calcistica dell’epoca, allo scopo di mettere in evidenza quali e quanti ostacoli i bianco- scudati di Torre Annunziata dovettero affrontare e superare per giungere alla storica finalissima col Genoa nell’agosto del 1924. All’epoca esistevano due Leghe (quella Nord e quella Sud) che raggruppavano in tutto quarantacinque società di I divisione, che era la massima allora esistente. La Lega Nord comprendeva 24 squadre divise in due gironi e quella Sud 21 in cinque gironi. Lazio 6, Campania 6, Puglia 6, Sicilia 2 e Marche 1. Al Nord le vincenti dei due gironi disputavano la semifinale con partite di andata e ritorno mentre al Sud le prime due classificate dei gironi del Lazio, della Campania e della Puglia, più la vincente del girone siciliano e l’unica squadra delle Marche, l’Anconitana, formavano due gironi di 4 squadre per i quarti di finale. Le vincenti di questi due gironi acquisivano infine il diritto di disputare una semifinale con partite di andata e ritorno, per contendersi il titolo di Campione del Centro-Sud e per contendere, nella finalissima, il titolo Nazionale alla squadra campione del Nord. In quel lontano 1924 le squadre campane che disputarono il Campionato di I divisione furono Internaples, Puteolana, Bagnolese, Savoia, Cavese e Salernitana. Alla fine del girone eliminatorio, Savoia e Internaples, prima e seconda classificate, insieme con Alba e Lazio di Roma all’Audace di Taranto, all’Ideale di Bari, al Palermo e all’Anconitana, acquisirono il diritto ai quarti di finale. Queste otto squadre furono, pertanto, divise in due gironi di quattro: da una parte Alba, Internaples, Audace e Palermo e dall’altra Lazio, Savoia, Ideale e Anconitana. Alba e Savoia, vincenti dei due gironi, si classificarono per la semifinale. Frattanto al Nord Genoa e Bologna avevano vinto rispettivamente i propri gironi e quindi se la videro fra loro. La prima partita si giocò a Genova e la squadra ligure, anche se con non troppo merito, fece suo il risultato. A Bologna, invece, il risultato fu di uno a uno e i petroniani pareggiarono su di un rigore che l’arbitro Panzeri fu costretto a concedere dopo una invasione di campo da parte dei tifosi bolognesi. La partita conseguentemente ebbe uno strascico federale e nei confronti del Bologna furono applicate le sanzioni previste dall’ art. 19 del regolamento, per cui fu data vinta al Genoa per due a zero. Prima di venire alla semifinale tra Alba e Savoia è opportuno ricordare che in quei tempi la Lega Calcio del Centro Sud aveva sede in Roma ed era praticamente nelle mani dei dirigenti romani. La partita di andata si giocò a Roma al campo dei Cessati Spiriti e il Savoia, sovvertendo tutti i pronostici, e malgrado due tentativi d’invasione di campo, a pochi minuti dalla fine vinceva per due a zero e l’indimenticabile Visciano parava anche un rigore che, era stato battuto da Corbjons. L’arbitro, il toscano Grassi, fischiò la fine della partita 4 minuti prima del termine, ma, accortosi dell’errore, richiamò immediatamente le squadre in campo per far completare il tempo regolamentare. Senonchè l’Alba si rifiutò di tornare in campo e ciò malgrado si vide accolto il reclamo presentato alla Lega. La partita fu ripetuta ed il Savoia fu battuto uno a zero, ma si impose definitivamente poi nello spareggio allo “Ardenza” di Livorno. E si giunse così a quella che per il calcio meridionale fu la partitissima: Genoa-Savoia, a Marassi, nella metà di agosto 1924. Tra i liguri figuravano ben 7 nazionali e le due compagini, all’ordine dell’arbitro Rangone, il Lo Bello di allora, si schierarono così.
Genoa: De Prà, De Vecchi, Bellini, Burlando, Leali, Neri, Moruggi, Catto,Santamaria, Bergamini, Mariani.
Savoia: Visciano, Nebbia, Lobianco, Cassese, Caia, Borghetto,Maltagliati, Mombelli, Bobbio, Ghisi, Orsini.
Il risultato è noto: tre a uno. Fu un amaro boccone per i pochi torresi presenti sul campo, ma l’emozione, l’inesperienza e, diciamolo pure, il timore riverenziale per tanto avversario furono le cause che determinarono la sconfitta. E che ciò sia esatto è dimostrato dall’andamento e dal risultato della partita di ritorno all’Oncino. Quella domenica mattina l’arrivo a Torre della squadra rossoblù fu una vera festa. Centinaia di tifosi invasero la stazione della circumvesuviana e l’arrivo dei “Grifoni” fu salutato con applausi e fiori. Con le classiche carrozzelle a passo d’uomo, seguite in corteo dai tifosi, giocatori e dirigenti del Genoa si portarono al Municipo dove nella sala Comunale ricevettero il benvenuto della città da parte del Sindaco dell’epoca, l’avv. Francesco Gallo de’ Tommasi e pacchi della migliore pasta di Torre Annunziata in dono. Commosso e non poco impacciato ringraziò per tutti il non certo loquace Capitan De Vecchi. Con le stesse carrozzelle il Genoa si recò a pranzo al Suisse di Pompei dove gli “Item” fecero gli onori di casa. Nel pomeriggio, finalmente, la immemorabile partita, nello scenario incomparabile dell’Oncino, al centro del Golfo di Napoli. Le squadre si schierarono nelle stesse formazioni della domenica precedente e l’incontro fu diretto dallo stesso arbitro Rangone. L’incontro fu bellissimo; alla classe indubbia dei liguri il Savoia oppose la sua foga, il suo estro, l’improvvisazione, il cuore. Del gol segnato dal Genoa si è discusso ancora fino a qualche tempo fa e lo stesso Rangone ebbe a dire che se avesse ritenuto il Savoia capace di disputare quella partita, non lo avrebbe concesso, così permettendo uno spareggio in campo neutro. Il Savoia a conclusione di una velocissima triangolazione tra Ghisi, Bobbio e Mombelli, pareggiò con un violento rasoterra di quest’ultimo che mise fuori causa il grande De Prà. Impresa indimenticabile che diede prestigio ed autorevolezza al calcio meridionale e che fece scrivere su di un giornale napoletano testualmente così: “Il match di Torre ha un alone di gloria che non facilmente potrà essere oscurato se i ‘bianchi’ campioni ne sapranno fare una tradizione”. Ma l’impresa del Savoia servì ad un’altra cosa: nella riunione di settembre delle Società della Lega Centro-Sud, le redini della Lega stessa finirono nelle mani di napoletani (Pasquale e Vincenzo De Rosa, Teodoro Voiello, Ventura e Giuseppe Filosa) e la sede stessa fu trasferita a Napoli.