Lo raggiungiamo mentre si gode gli ultimi giorni di vacanza prima di iniziare una full immersion nel mondo Savoia. Salvatore Aronica (nella foto) nuovo mister dei bianchi ci accoglie con l’entusiasmo di chi sa di giocarsi a Torre una grande carta per il futuro. Nel parlarci confermiamo le sensazioni avute durante la conferenza stampa ed evidenziate dal diesse Musa: professionista ma con una carica umana ed emozionale non da tutti. D’altronde il forte carattere era evidente durante la sua carriera con partite indimenticabili tra Napoli e Reggina. In questa nostra prima intervista su SoloSavoia.it conosceremo Aronica sotto molti aspetti.
AMBIZIONI – Aronica è pronto per la grande avventura.
“Speriamo possa essere Lega Pro. Proprio ieri parlando con il presidente commentavamo la carenza di strutture che limita le ambizioni delle società. Il Savoia ha fatto di tutto per salire di categoria, purtroppo lo scorso campionato è stato interrotto ma sul campo ha dimostrato a tutti di meritare il salto tra i professionisti. Spetta adesso alle istituzioni rendere possibile questa giusta pretesa”.
Che squadra state allestendo?
“Una squadra camaleontica, in grado di affrontare entrambi i campionati, perché se non sarà serie C è ovvio che ci aspetta una D a vincere, bisogna migliorarsi rispetto allo scorso anno quindi non resta che puntare al primo posto”.
IL LAVORO SUI GIOVANI – Uno dei motivi che ha portato alla sua scelta, come confermato dal diesse Musa, è stato quello della sua capacità di allenare i giovani, cosa non da tutti.
“E’ vero, la società cercava un profilo che avesse anche questa caratteristica. Se dovesse essere D ci vorranno almeno 10 under di spessore perchè oltre i 4 titolari sarà necessario creare delle alternative valide. In caso di Lega Pro la società vorrà puntare sulla valorizzazione degli under, sul minutaggio quindi ci sarà tanto da lavorare”.
Ma Aronica non è solo questo, la società lo ha subito capito. Il suo forte spessore umano potrà fare la differenza.
“Mi fa piacere che sia stata notata questa caratteristica. Me la porto dietro da sempre e sono convinto che il binomio tra professione e persona possa portare soltanto a qualcosa di positivo. D’altronde nel primo incontro con la società mi sono subito trovato in sintonia con loro perché vogliamo e cerchiamo le stesse cose, ovvero il meglio”.
IL TIFO DI TORRE – Prima della conferenza stampa ha avuto modo di incontrare alcuni esponenti della tifoseria. Le hanno dato il benvenuto a Torre Annunziata.
Quali le sue sensazioni?
“Ottime. Sapevo già che qui il tifo è passionale e la gente ti fa sentire importante. Il fatto che Rosario Compagno, il mio secondo, che avrei comunque portato con me, abbia giocato a Torre è stato importante perchè mi ha raccontato quanto sia fondamentale il rapporto squadra/tifosi, quanto il loro tifo si senta e rappresenti quel quid in più per fare la differenza. Dico alla gente che darò il massimo così come lo facevo da calciatore perché voglio gioire con loro”.
MAZZARRI L’ISPIRAZIONE – Aronica crede nella difesa a tre, che sia 3-5-2 o 3-4-1-2 lo schema del reparto arretrato non cambia. Cerchiamo di capire da dove sia nata questa convinzione.
Mister a quale allenatore si ispira?
“Nella mia carriera ho appreso molto da mister Ulivieri, da Gasperini ma l’allenatore che più mi ha modellato è stato sicuramente Walter Mazzarri. Con lui ho trascorso 7 anni tra Reggina e Napoli. A Reggio fummo artefici della storica salvezza dopo essere partiti da -15, con il Napoli gli anni della Champions, la Coppa Italia hanno rappresentato momenti che non dimenticherò mai”.
GLI ANEDDOTI – La sua carriera sui terreni di gioco durata più di vent’anni, iniziata al Bagheria in D nel 1994 e chiusa a Reggio nel 2015 con oltre 500 presenze tra Coppe e campionato avrà vissuto di tanti aneddoti.
Ce ne vuole raccontare qualcuno?
“Se ci penso grida ancora vendetta il salvataggio sulla linea sul tiro di Maggio contro il Chelsea al San Paolo. Avremmo vinto 4 a 1 e sarebbe stata un’altra storia anche perché i londinesi conquistarono la Coppa proprio quell’anno. C’è poi la vittoria nel 2012 a Roma in Coppa Italia contro la Juve, un 2 a 0 netto quando la critica ci dava per spacciati. Ma il ricordo più bello fu il clamoroso 2 a 3 a Torino contro la Juventus. Perdevamo 2 a 0 fummo in grado di recuperare e vincere, là capimmo il nostro valore e fu per noi l’inizio di una grande ciclo”.
Dal calcio giocato a quello in panchina, ora a Torre l’attende l’inizio di un ciclo vincente nelle vesti di allenatore.
“Ce la metterò tutta, qui voglio lasciare il segno”.
(Rodolfo Nastro)