IL DERBY. L’ex Agovino: “Savoia e Giugliano daranno spettacolo” L’allenatore dei gialloblù non ha dubbi: “I bianchi sono tra le favorite del torneo e lotteranno fino alla fine con il Palermo, noi dobbiamo divertirci”. Il ricordo del presidente Sestile: “Stiamo portando avanti il suo progetto di calcio per onorarlo fino in fondo”. Sul pubblico: “C’è rispetto tra le due tifoserie”

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massimo_agovino-jpgZemaniano della prima ora, vaga da ben diciannove stagioni tra i campi di serie D ed Eccellenza. Non ha vinto molto ma dovunque sia approdato ha sempre lasciato il ricordo di un calcio raro a vedersi in queste categorie. E per questo può a buon diritto rientrare nella ristretta cerchia dei tecnici di valore. Si parla di Massimo Agovino (nella foto), attuale allenatore del Giugliano che domenica affronterà al Giraud, sua ex squadra, in un derby di altissima classifica. Seconda contro terza a confronto.

RICORDI DA EX – Vogliamo partire con i ricordi dell’ex?

“Non posso dimenticare il boato del pubblico di fede torrese al gol di De Rosa nella semifinale play-off di Angri. Un’emozione indimenticabile che conservo gelosamente nella mia memoria. Ma anche il netto tre a zero al Brindisi di Massimo Silva con il contorno di una serie di partite ben giocate che la tifoseria giustamente seppe apprezzare tributando i giusti consensi alla squadra. Sono fiero, come dissi anche all’epoca, di aver allenato in una piazza importante come quella di Torre Annunziata che ha annoverato allenatori di grande spessore, non ultimo il mio amico Sasà Campilongo, e sono onorato di appartenere a questa prestigiosa galleria”.

Dall’euforia di Angri alla delusione di Siracusa: si poteva vincere quella finale?

La squadra siciliana a mio parere ci era di gran lunga superiore. Potevamo reggere il confronto solo sulla base delle motivazioni, sulla spinta dei nostri tifosi, ma evidentemente non poteva bastare”.

La stagione successiva, quella 2007-2008, fu per te fu alquanto tribolata. Ritieni di aver avuto responsabilità per una rosa che alla fine era anche tua?

“Certo! Guai se non fosse così, se un allenatore sfuggisse ai propri obblighi; significherebbe non guardarsi dentro e non capire che se qualcosa è andata male tutti sono colpevoli, tecnico in primis. Scendendo nei particolari, penso di poter dire che quell’annata partì male sin dall’inizio in sede di presentazione ai tifosi: fu promessa una C2 alimentando aspettative per un torneo di vertice per il quale non eravamo oggettivamente attrezzati. Fu allestita certamente una buona squadra, ma di sicuro non competitiva per la vittoria finale”.

OCCHI DI TIGRE – Hai sempre predicato una squadra operaia ma con gli occhi di tigre. Rimane il tuo credo?

“Sempre. Quando mi presento ai giocatori non tralascio mai di dire che si può essere attentissimi alla tecnica, alla tattica, ma se si lasciano a casa gli occhi di tigre, se si è privi di furore agonistico, non si va da nessuna parte; così come non approdi a nulla se ci metti intensità ma manchi di organizzazione”.

UN ALLENTATORE PARTICOLARE – Nel curriculum di Agovino un dato emerge in maniera alquanto evidente.

Nella tua ormai lunghissima carriera, sono state ben poche le stagioni che hai concluso nello stesso club. Ritieni di avere responsabilità per il tuo modo di essere?

“Come ho già ribadito, sarebbe un problema se un allenatore, davanti ad un esonero, ritenesse di aver fatto tutto bene. Tuttavia, ho sempre predicato che ai tecnici occorre dare sempre un minimo di fiducia per imporre le proprie idee. E’ vero che un allenatore vive di risultati ma è altrettanto vero se non gli si dà il tempo necessario è ben difficile che possa dare un concreto contributo al progetto del club di riferimento. Nel mio caso, porto ad esempio il quinquennio vissuto in Molise tra Agnonese e Trivento: chi mi ingaggiò (la famiglia Sabelli per l’Agnonese, ndr), era ben consapevole che, assumendo il sottoscritto che proponeva un certo tipo di calcio, non dico nuovo, sarei un presuntuoso, ma godibile, i risultati non potevano essere immediati. Ha aspettato, e ci siamo divertiti offrendo dovunque belle prestazioni. Non è possibile, come pure mi è capitato nell’esperienza di Grosseto, che un allenatore venga ingaggiato il 9 agosto, esonerato il 9 settembre e richiamato il dieci gennaio. E’ da folli! O come successo a Potenza, dove sono stato allontanato alla terza di campionato! Ripeto, un allenatore, anche il più esperto, ha sempre bisogno di un certo periodo perché la squadra assimili i suoi dettami tecnici e tattici. Insomma, tornando alle mie esperienze, alcuni esoneri me li sono meritati, altri direi proprio di no, per me sono stati delle vere e proprie vigliaccate”.

I RIMPIANTI – Una carriera nei dilettanti. Ritieni che forse una chanches tra i professionisti te la si poteva concedere? Insomma, hai rimpianti?

“Tanti. Uno per tutti, il non aver mai lavorato su me stesso; sono stato sempre troppo istintivo, troppo vero in un mondo di falsi; ho sempre detto quello che pensavo e molte volte mi sono reso conto che al nome Agovino corrispondeva l’equazione impulsivo. “E’ un buon allenatore ma ha un carattere ribelle e non facilmente gestibile” si è sempre detto di me. Questo mi ha penalizzato non poco. Anche se, e mi collego al fatto di non aver mai allenato tra i professionisti, ritengo che più di tutto abbia inciso il fatto di non aver mai avuto i cosiddetti “Santi in Paradiso”. Di positivo però, e ne vado orgoglioso, posso dire che se anche non ho vinto molto, qualche risultato in termini di prestazioni delle mie squadre ritengo di averlo raggiunto: un conoscitore di calcio come Mario Fogliamanzillo – all’epoca del mio ingaggio al Savoia – affermò che a Torre si sarebbe finalmente visto un bel gioco. Sono queste le mie soddisfazioni. In più, posso dire che non sono nemmeno stato aiutato dalla buona sorte: un esempio classico è quello di Terracina dove ho preso una squadra a meno undici dal primo posto portandola a quattro turni dalla fine con due punti di vantaggio su quella che poi risulterà la vincitrice del campionato, la Lupa Roma. Ebbene, nella stagione successiva non mi ha chiamato nessuno! Misteri del calcio“.

A tal proposito – e lo dico in senso ironico – da qualche tempo si sta imponendo una nuova figura del calcio dilettantistico: il tecnico con lo sponsor. Che ne pensi?

“Ti dico solo che ogni volta che qualche presidente mi sonda, le mie prime parole sono: “Agovino i soldi li vuole non li porta”. E mi dispiace che in tv siano ospitati ancora colleghi che fanno i moralisti quando poi tutti sappiamo che sono spinti dagli sponsor. Tuttavia, e lo dico a malincuore, oggi va di moda questo sconcio che finirà con il far male al nostro sport.”

IL GIUGLIANO – Passiamo alla stretta attualità, al campionato con il Giugliano.

Parliamo un po’ del tuo Giugliano. Dove può arrivare questa squadra?

Il Giugliano non è una corazzata, l’ho sempre ribadito anche a dispetto di certa stampa che ci dipingeva come tale. E’ invece vero che ogni domenica scendono in campo otto undicesimi dei calciatori che giocavano in Eccellenza compreso il loro allenatore che non dirigeva il Botafogo prima di approdare al Giugliano. Oggi, siamo consapevoli di star facendo bene, con una campagna acquisti oculata, una società forte alle spalle, un pubblico importante, ma non ci si chieda di volare con la fantasia, son altre le squadre che devono lottare per il vertice, come il Savoia ad esempio. A Torr, a livello di società sono stati chiari, a Palermo, idem. Noi stiamo andando più che bene ed è quello che a suo tempo mi chiese il compianto presidente Sestile”.

LA SCOMAPRSA DI SESTILE – A proposito del presidente, ritieni che la sua perdita possa minare nelle fondamenta il progetto Giugliano?

Dopo un attimo di smarrimento per aver perso una guida, una persona fantastica che ti coinvolgeva con il suo ottimismo, e non lo dico per circostanza, la famiglia, con una grande prova di carattere, non solo ha fatto in modo che giocassimo dopo appena due giorni dalla sua scomparsa ma non ha mancato di farci sentire la propria vicinanza attraverso il figlio ed il fratello che ha sottolineato a chiare lettere che il cosiddetto “progetto S.S.” – ovvero progetto Salvatore Sestile – sarebbe andato avanti perché così avrebbe voluto lui. Ed è quello che sta accadendo”.

IL DERBY DEL GIRAUD – Domenica al Giraud, comunque tu la pensi, sarà un big-match. Ammireremo un Giugliano offensivo o l’esperienza ti ha insegnato qualcosa?

“Qualcuno dice che se hai i capelli bianchi, qualcosa la vita ti avrà pur insegnato, personalmente faccio mio il vecchio detto napoletano “Chi nasce tondo non muore quadro” per cui dirò che l’indole sarà sempre quella di cercare di fare la partita ma anche di saper capire l’avversario che hai di fronte e dunque agire con equilibrio. Ovviamente, l’intenzione è di giocarcela come la natura di questo sport insegna, ma sarà il campo a decidere quale delle due prevarrà. Per il momento mi accontento di essere un ex che gode di stima nell’ambiente torrese. Sugli spalti sarà grande spettacolo anche perché le due tifoserie si stimano e si rispettano”.

Ritieni che il Palermo abbia già preso il largo – sia pure dopo le ultime frenate – o è un torneo ancora tutto da giocare?

“In questo momento della stagione ritengo ancora prematuro qualsiasi tipo di pronostico. E’ chiaro che sono i super favoriti ma parlare già da adesso di campionato chiuso significa capire poco di calcio che notoriamente è lo sport del diavolo. In questo sport esiste l’imponderabile ed il Savoia in primis ha tutti i mezzi per poter dare fastidio fino all’ultimo secondo dell’ultima giornata al Palermo”.

E il Giugliano?

“Riporto pari, pari, le parole del Presidente: “Mister, manchiamo da dodici anni dalla serie D. Divertiamoci”.

(Matteo Potenzieri)





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