Se i suoi mèntori avessero avuto più coraggio e meno cupidigia, oggi staremmo a parlare di un “giovane” trentaseienne che dopo aver calcato i palcoscenici della serie A, ancora si diverte a dispensare le sue geniali pillole funamboliche, tanto per la delizia dei buongustai del calcio, quanto per l’incubo delle difese avversarie. Tommaso Manzo può ben essere definito un Baggio “minore” ma solo perché le imperscrutabili strade della vita ti fanno perdere nel labirinto proprio quando hai fissato l’appuntamento giusto. Con lui che tra le tante maglie, lo scorso anno ha vestito quella del Savoia mentre oggi è punto di forza del Portici, affrontiamo una chiacchierata ‘distesa’ parlando di calcio e del big match del Giraud fissato per domenica alle 14.30.
IL TRENO DELLA ‘A’ PERSO – Un calciatore mancato in massima serie.
Com’è andata?
“Il Napoli si era interessato a me. Sono stato ad un passo dall’ingaggio quando la società è fallita. Poi, vicissitudini personali mi hanno portato a fare altre scelte anche perchè a soli ventitre anni sono diventato padre. Con l’Empoli ho svolto l’intero periodo di preparazione aggregato alla Primavera. La mia dedizione evidentemente fu apprezzata se è vero che la dirigenza toscana avviò una trattativa con l’allora presidente della Puteolana, Cesarano. La richiesta però, si parlava di tre, quattrocento milioni, fu ritenuta esorbitante e rientrai a Pozzuoli in serie D”.
Il ritorno in ‘D’.
“All’epoca, si giocava con due under. Mister Falso aveva già deciso di impiegare il portiere Visconti, e un certo… Giulio Migliaccio. Per di più, quella era una squadra forte dei vari Zottoli, Tavolieri, Campilongo, Carafa, Pirozzi. Dovetti dunque faticare per ritagliarmi il mio spazio ma riuscii comunque a prendermi le mie soddisfazioni mettendo a segno gol pesanti per la promozione in C2. Tra i Pro con Ezio Capuano mi sono trovato a mio agio anche perché il tecnico ha creduto in me, ma con il ritorno di Falso, capii che il mister non mi “vedeva”, per lui ero il quarto, quinto attaccante, e dunque preferii trasferirmi a Nola. Ai tempi della Sibilla, ci furono voci di un’offerta del Chievo Verona prima e della Cavese in C1 dove sembrava tutto pronto per il trasferimento: sono ancora in attesa della telefonata!”.
Per un quinquennio, dal 2004 al 2009, ha conciliato il calcio con il lavoro. Non credeva più in se stesso?
“In verità, a quei tempi non guadagnavo granchè ed avendo messo su famiglia, pensai bene di cogliere l’occasione di un’assunzione alla Fiat di Pomigliano. Fino all’ingaggio con la Sibilla, seppur con grossi sacrifici, lavoravo dalle cinque alle quattordici, sono riuscito ad abbinare la passione alla fabbrica, con il Pianura non fu più possibile; la società ed il presidente Cafasso erano esigenti e, diciamo la verità, mi pagavano profumatamente cosicchè, complice anche la crisi dell’azienda, ho preferito dedicarmi solo al calcio”.
IL ‘COLPO’ DELL’ESTATE – Ogni estate, quando il suo nome viene affiancato ai club, si parla sempre di colpaccio.
Una bella cosa per lei.
“Effettivamente mi sento estremamente gratificato. Dirò di più, se posso essere considerato un buon giocatore, ritengo anche di essere una brava persona; nel corso della carriera difficilmente ha avuto screzi con le varie dirigenze e le tifoserie. E queste cose aiutano a costruire una buona reputazione a prescindere dalla bravura calcistica”.
LA ROTTURA CON TODISCO – Con il Savoia, però, non è andata proprio bene.
“E mi dispiace molto. E’ stato un fulmine a ciel sereno. Anche con Todisco mi sono trovato a mio agio, almeno inizialmente. E’ brutto dirlo, ma credo che fossi uno dei pochi ad essere regolarmente pagato e, al di là dei buoni rapporti, non avevo alcun motivo per alimentare tensioni. Ricordo, però, nitidamente, il dopo partita con il Mondragone: mi contattò complimentandosi per la prestazione, tranquillizzandomi sulla conferma e sul rafforzamento della squadra con due, tre nuovi elementi che ci avrebbero permesso di lottare per la promozione, allora eravamo secondi. Dopo solo alcune ore, mi ricontatta riempiendomi letteralmente di contumelie. Lì per lì sono rimasto allibito da quel voltafaccia poi ho capito che non avendo pretesti per mandarmi via, aveva preferito la strada dell’offesa. A quel punto ho preferito lasciare Torre Annunziata. E, credetemi, ci sono rimasto molto male. Non doveva finire così in una piazza calda e generosa come quella e dove sono stato felicissimo di approdare”.
QUELL’ESPULSIONE COL PORTICI – E dell’espulsione con il Portici (nella foto) che emblematicamente segnò l’inizio della fine per i bianchi, cosa ci dice?
“Ricordo benissimo quella partita. Cominciamo col dire che poco prima di scendere in campo, il presidente Todisco fa ingresso negli spogliatoi e comincia ad imprecare contro alcuni di noi accusandoli di aver venduto la partita. E già qui, ci sarebbe molto da dire. Sul terreno di gioco, dopo 3 o 4 interventi durissimi su di me, mi becco la prima ammonizione per aver protestato per una entrata da paura su Velotti. Segue poi un secondo giallo ridicolo che mi costa l’espulsione. Inconsapevolmente avevo fatto il gioco del Portici. L’ho saputo adesso che mi ritrovo in maglia biancazzurra: avevano preparato la partita su di me, con il solo ed unico intento di provocarmi, ed io ci sono cascato in pieno”.
IL BIG-MATCH – Domenica, ore 14.30, c’è Savoia-Portici in un Giraud pronto a sostenere la capolista al successo.
Il suo presente è il Portici. Come pensa di essere accolto al Giraud?
“Spero bene. Credo comunque di aver lasciato un buon ricordo e lo testimoniano i molti messaggi che ricevo da Torre. Se ci fossero fischi me ne farò una ragione ma sono certo che non sarà così”.
Il Portici è il terzo incomodo, possiamo considerarlo tra i favoriti a tutti gli effetti?
“Sinceramente credo che il Portici sia alla pari del Savoia. Abbiamo le potenzialità per giocarcela fino in fondo. L’Afragolese alla lunga potrebbe avere un calo”.
(Matteo Potenzieri)