Legatissimo alla maglia bianca, Franco Mango (nella foto con Jaconi) è l’attuale direttore sportivo dell’Arzanese, una vera e propria miniera di aneddoti tanto preziosi quanto divertenti. Con lui prima ancora di parlare del prossimo avversario (a Mugnano sabato alle 14.30), ripercorriamo l’amarcord del suo ‘doppio’ passato a Torre Annunziata.
DA CALCIATORE AD ALLENATORE, A… – Ci racconti un po’ di sé.
“Da calciatore nasco come attaccante. Alba Pianura, Calvizzano e Marano alcune delle squadre in cui ho militato. Con l’avanzare degli anni ho man mano ridotto il mio raggio di azione chiudendo come difensore centrale nel Mugnano che all’epoca disputava il campionato di Promozione (l’odierna Eccellenza, ndr). Come allenatore, dopo aver conseguito l’abilitazione per le giovanili, ho ottenuto il patentino di terza categoria. Con Moxedano che nel ’94 entrò nel calcio Napoli, mi sono occupato ancora di giovani per poi passare al Savoia, prima come tecnico della Berretti e poi come secondo di Jaconi”.
I suoi passi senza Moxedano.
“Ho allenato la Puteolana in serie D con al timone il presidente Cesarano e la Casertana come collaboratore del compianto Gaetano Musella”.
Si sente più allenatore o dirigente?
“La scelta di diventare dirigente è stata consapevole e meditata. Dopo l’ultima deludente avventura in panchina con la Sangiuseppese Neapolis, quando lo stesso duo presidenziale Bouchè-Moxedano mi offrì l’incarico di Direttore Tecnico ho preferito accomodarmi in poltrona”.
IL RAPPORTO CON JACONI – Capitolo Savoia. Stagione 1998-‘99, è il vice di Osvaldo Jaconi.
Ci racconti quell’esperienza.
“Un ricordo bellissimo anche perché coronato dalla promozione in serie B. E poi ho conosciuto un allenatore e un uomo di grande spessore. Jaconi sapeva capire e gestire brillantemente gli umori dello spogliatoio. Praticamente era un padre per i calciatori ma sapeva anche essere diretto e soprattutto franco con tutti, doti, queste, degne di grande apprezzamento. Le esperienze vincenti di Castel di Sangro e Lentini certo l’avevano aiutato, ma fondamentalmente era un tecnico preparato, sapeva leggere benissimo le partite. Davvero un bel gruppo quello”.
Quando avete avuto la consapevolezza che si poteva realizzare il sogno della B?
“Dopo la vittoria a Palermo nella semifinale di ritorno dei play-off. Nel corso del viaggio di ritorno in nave, Osvaldo (Jaconi, ndr) ci comunicò di aver deciso di concedere ai giocatori ben tre giorni di riposo. Davanti al legittimo stupore di Moxedano che obiettava sul pochissimo tempo per preparare la finalissima, il mister replicò che non c’era bisogno di ulteriori allenamenti, occorreva solo un riposo mentale”.
LA ‘B’ SCRITTA SU UN FOGLIO – Ci racconti un aneddoto ‘speciale’ di quell’avventura.
“Mi piace ricordare un episodio che ci diede la misura della nostra forza. Nella settimana della finalissima, la Gazzetta dello Sport aveva organizzato un incontro presso l’hotel La Sonrisa tra i tecnici della Juve Stabia e del Savoia. Al termine dell’incontro, mentre tornavamo in auto, Osvaldo mi chiese cosa pensassi del confronto con Zoratti (allenatore della Juve Stabia). Gli risposi che le affermazioni del tecnico gialloblù erano di paura: pensava solo a distruggere il nostro gioco fermando Califano & C., limitandosi ad offendere con calci piazzati e contropiede. Osvaldo confermò le mie impressioni. Non pago delle sensazioni, mi feci dare un foglio e una penna dove scrissi il risultato della finale, piegai il foglietto e lo riposi nel cassetto portaoggetti: convenimmo di leggerlo la domenica sera. C’era scritto Savoia-Juve Stabia 2-0”.
IL DERBY COL NAPOLI – Torneo di serie B. Un inizio eccellente e poi?
“Penso sempre che per noi la partita con il Napoli è stata una vera e propria maledizione, sia in campo che fuori. Come dimenticare quel rigore fallito da Ghirardello con palla sul palo? Tra l’altro, assistetti all’incontro dalla tribuna dal momento che nella settimana precedente il derby io e Spinosa eravamo stati esonerati dall’allora diggi Leonardi.”
La mancata sfida al Giraud. Di chi la colpa?
“Ferlaino aveva chiamato Moxedano prospettandogli la possibilità di un incasso considerevole se si fosse giocato altrove. Addirittura propose il San Paolo, poi l’Arechi ed infine il Partenio. Mario, probabilmente, davanti all’ipotesi di un ottimo introito che avrebbe permesso di rinforzare la squadra nel corso del mercato invernale, non valutò bene le conseguenze. E così finimmo per giocare ad Avellino senza il nostro pubblico. Fu l’inizio della fine”.
Poteva salvarsi quel Savoia?
“Se solo Moxedano avesse avuto un po’ più di pazienza con Jaconi, forse avremmo avuto più di una possibilità. Invece, si optò per Varrella che preferì una rivoluzione a 360 gradi. A me toccò la Primavera. Dopo di che ho preferito staccare per due anni”.
IL RITORNO NEL 2006 – Per Franco Mango ci fu un Savoia-bis qualche anno dopo quando tornò a Torre nel campionato di D.
se non fosse stato per il suo avvento in panca, il Savoia avrebbe rischiato seriamente la retrocessione.
“Dopo Lazic e Maranzano, insieme ad Antonio Marasco facemmo un lavoro davvero egregio. Prendemmo la squadra al penultimo posto in campionato portandola nelle ultime dieci giornate alla salvezza diretta”.
I maligni dicono che la vittoriosa trasferta di Bitonto (ultima di campionato) non fu limpidissima.
“Niente di più falso. La differenza la fece la mancanza di stimoli dei pugliesi, già salvi, e la nostra determinazione a salvare la categoria. E poi vincemmo con un gol in pieno recupero di De Paola quando sarebbe bastato anche un pareggio. No, non ci fu nessun biscotto”.
IL PRESENTE CON L’ARZANESE – Dopo questo lungo ma interessantissimo amarcord veniamo al presente.
Mango, lei è direttore sportivo di una squadra in caduta libera. Siete già condannati alla retrocessione?
“Si tratta di una scommessa. Sapevo bene di dover lavorare in un contesto da riorganizzare, con pochissime risorse economiche, molti giovani e con l’obiettivo massimo della salvezza. Da innamorato del calcio, ho accettato premettendo solo che con tanti under in squadra bisogna avere molta pazienza e non è facile, in un torneo come questo, ottenere subito i risultati. Se a fine stagione l’Arzanese si salverà, vorrà dire che abbiamo seminato bene e, con l’ottica di poter giocare il prossimo anno nel nostro stadio, potremo gettare le basi per qualcosa di più importante.”
Che torneo è questo del girone A?
“E’ un campionato nettamente diviso in due tronconi; nel primo inseriamo senz’altro, per l’affetto che mi lega a Torre Annunziata e per il valore della squadra, il Savoia insieme a Portici, Sessana, Ercolano e San Giorgio. Nel secondo, tutte le altre”.
Domenica sarà un vero e proprio tuffo nel passato in attesa del ritorno al Giraud.
“Non ho mai smesso di essere tifoso del Savoia tali e tanti sono i ricordi che mi legano a questo club. Non nascondo di essere emozionato al piacere di rivedere vecchi amici. Mi piacerebbe scommettere su un’Arzanese vincente da dopo la gara con il Savoia fino al ritorno, un ko al Giraud, e poi ancora a macinare punti fino alla fine. Conoscendo il valore degli uomini di Grimaldi, sono sicuro di poter gioire per un doppio risultato: la nostra salvezza e la promozione in D dei torresi”.
Detto da uno che indovina addirittura i risultati delle partite, c’è da credergli!
(Matteo Potenzieri)