Il contenuto del ricorso della Reggina al Collegio Arbitrale del Coni non è più un mistero. SoloSavoia.it è venuto a conoscenza di importanti dettagli sulle motivazioni dell’atto presentato dal club di patron Foti. L’ottimismo di facciata che serpeggia nella città dello Stretto, accompagnato dalla stampa locale, sembra più un reale timore di vedersi respinto il ricorso che una vera convinzione delle proprie ragioni. Ed a leggere il documento sembra proprio che la Reggina abbia poche o addirittura nessuna possibilità di vedere accolta la propria richiesta. Vi spieghiamo il perché, analizzando i due ‘filoni’ su cui si fonda il ricorso, il primo sul merito, l’altro sui termini.
OPPOSIZIONE NEL MERITO – Primo elemento fondamentale è legato alla circostanza che la Reggina ha motivato il proprio ricorso sul merito dei due precedenti giudizi che l’hanno condannata alla penalizzazione di tre punti. Questo perché, prendendo spunto dall’articolo 182bis della legge fallimentare, che prevede la possibilità per l’imprenditore dichiarato fallito di proporre un piano di ristrutturazione del debito, il club di Foti contesta la legittimità del provvedimento del TFN (Tribunale Federale Nazionale) che nella propria decisione non ha tenuto conto della supposta impossibilità della società di poter procedere all’iscrizione ed alla presentazione della fidejussione entro il 30 giugno 2014, in quanto contemporaneamente si attendeva il termine del 17 luglio entro il quale l’ok della sezione fallimentare del tribunale di Reggio al piano di ristrutturazione (in 15 anni) sarebbe divenuto esecutivo per mancata opposizione dei creditori.
LA PRIMA INFONDATEZZA’ – In questo caso la Reggina ‘dimentica’ che il Codice di Giustizia Sportivo, cui tutte le società vanno ad impegnarsi riconoscendolo autonomo dalla giurisdizione ordinaria, è cosa ben diversa dalla stessa legge ordinaria. Pertanto non si possono confondere i due contesti, come vorrebbero i calabresi per accampare le proprie ragioni. Il TFN e la CFA (Corte Federale Nazionale) hanno praticamente enunciato l’autonomia dei due ambiti giurisdizionali, ritenendo pacifico che la Reggina avrebbe comunque dovuto rispettare i termini dell’iscrizione sportiva al campionato, pur in pendenza del piano di ristrutturazione.
OPPOSZIONE NEI TERMINI – L’altro filone del ricorso presentato dall’avvocato Panuccio è relativo al supposto mancato rispetto dei termini sia nel giudizio di primo che in quello di secondo grado. Andiamo per step. Gli amaranto ritengono superati i 90 giorni previsti dalla data dell’inizio dell’azione disciplinare (il deferimento è giunto il 3 novembre 2014) alla sentenza del TFN giunta il 17 febbraio 2015 (107 giorni dopo). In questo caso i calabresi hanno preso come riferimento un caso simile che ha riguardato il Bologna (ai felsinei fu data ragione con la restituzione delle penalità).
LA SECONDA INFONDATEZZA – Forse a Reggio hanno ‘sorvolato’ su una circostanza determinante che esclude l’applicabilità del ‘caso-Bologna’, ovvero che il 28 novembre lo stesso legale rappresentante della Reggina, il dott. Giuseppe Ranieri, ai sensi dell’art 34 bis del CGS, aveva chiesto un rinvio, di fatto interrompendo i termini che sono così ripartiti con una nuova iscrizione a ruolo della causa. A ben vedere, dunque, la sentenza è giunta ampiamente prima dei nuovi termini di 90 giorni.
ULTERIORE CONTESTAZIONE – Assodata l’inconsistenza di questa prima ‘puntualizzazione’, passiamo alla seconda. Sempre con riferimento al CGS, il legale degli amaranto ritiene che la Corte Federale D’Appello non abbia rispettato il termine di 60 giorni per il deposito di sentenza e motivazioni. Lo scorso 27 marzo la CFA respingeva il ricorso degli amaranto, confermando in pieno i tre punti di penalizzazione comminati dal TFN su richiesta del Procuratore Palazzi. Per i reggini la Corte avrebbe dovuto depositare contestualmente o al massimo nei dieci gironi successivi le motivazioni della sentenza. Le stesse sono state rese note lo scorso 6 maggio, in pratica un mese dopo.
LA TERZA INFONDATEZZA – Ma in questo caso il termine previsto ‘non è perentorio’, pertanto la circostanza che siano trascorsi più giorni non è determinante per l’invalidità della sentenza che resta pienamente esecutiva. Qualora passasse una tesi del genere, in pratica, oltre il 90% delle sentenze che si hanno nel nostro Paese sarebbe nulla per mancato rispetto del deposito delle motivazioni nei termini.
LA DECISIONE – Il Collegio Arbitrale analizzerà il ricorso e prenderà la propria, definitiva, decisione il prossimo 20 maggio. La seduta inizierà alle ore 14.00. Con ogni probabilità il ricorso e tutti gli atti saranno notificati anche al Savoia (atto dovuto perché trattasi di giudizio amministrativo) affinchè il club torrese, terzo interessato, pur se non direttamente chiamato in causa, possa eventualmente costituirsi in giudizio, dopo aver letto gli atti.
PLAY OUT – La Reggina ha richiesto la sospensione dei play out, con la restituzione di almeno due punti di penalizzazione o, in subordine, l’annullamento delle precedenti sentenze. Il caso è spinoso ma da quanto verificato il ricorso, con ampio margine di probabilità, sarà respinto perché inammissibile e gli amaranto si ritroveranno direttamente in D, mentre il Savoia si giocherà la permanenza in categoria nella doppia sfida con il Messina, confermando quanto ha determinato il campo con i valori effettivamente espressi in questa stagione.
(Redazione)