“Si può vendere il Vesuvio ma Improta no”, fu questo lo striscione esposto dai tifosi napoletani all’indomani della criticatissima scelta di cederlo alla Sampdoria. Molto amato dalla tifoseria azzurra per la sua tecnica sopraffina. Forse fu anche per questo, per le sue radici posillipine (da sempre quartiere snob partenopeo), le sue movenze in campo, il suo modo garbato di volgersi agli altri, che Antonio Ghirelli lo “intitolò” baronetto. Commentatore di vari programmi sportivi, Gianni Improta (nella foto) non ha mai lasciato il calcio giocato, sedendo sulle panchine di Catanzaro, Savoia e Juve Stabia tra le altre, prima di affrontare la carriera dirigenziale che lo ha portato a rivestire l’attuale ruolo di presidente della Juve Stabia.
TIFOSI ‘SCIPPATI’ – Improta, un uomo di calcio come Lei, come definisce un derby storicamente sentito come Savoia-Juve Stabia senza la naturale cornice di pubblico?
“Sicuramente una partita anomala che mortifica il mondo dello sport. Sono contrario a questo tipo di decisioni in quanto noto molto superficialità in questi provvedimenti a fronte di episodi assai circoscritti e facilmente valutabili. Occorre una legislazione seria, severa ma attenta a non penalizzare chi si reca allo stadio per puro divertimento”.
Possiamo dunque dire che si tratta di sanzioni eccessive anche in relazione a quanto accade nelle serie superiori?
“E’ evidente che queste decisioni “pilatesche” vanno a discapito dell’intero sistema e non tengono conto di tutto un mondo fatto di pura passione che non può essere privato dello spettacolo sportivo senza motivi più che fondati. Scelte così radicali e assurde fanno pensare a persone preposte non all’altezza del compito. Cosa rappresenta una partita senza pubblico? Di certo non è stimolante per il giocatore cui invece fa piacere essere osservato e applaudito per il gesto sportivo che, invece, con queste premesse viene solo mortificato. Penso comunque che sarebbe ora che tutti, istituzioni sportive, club e tifoserie, comincino a fare la voce grossa per un andazzo che non giova a nessuno”.
LA CRISI DEL CALCIO – Cosa pensa della crisi economica che attraversa molti club del nostro calcio?
“Stiamo assistendo a veri e propri scempi gestionali, penso al Parma in particolare, dove il tifoso è la prima vittima. Mi chiedo allora se non sia possibile che proprio il tifoso, in qualità di primo azionista del mondo calcio attraverso la pay-tv, i biglietti, il merchandising, non possa essere informato su come e dove finisca tutta questa massa di danaro con rendiconti puntuali e trasparenti”.
IMPROTA E IL SAVOIA – Ci racconti della sua avventura al Savoia.
“Fui chiamato da Franco Salvatore alla guida dei bianchi dopo la promozione in C1. Poi subentrarono i fratelli Moxedano che mi fecero chiaramente capire di voler stravolgere tutto a partire dall’allenatore. Venni sostituito da Orazi ma tornai a Torre ad undici giornate dalla fine con la squadra in zona retrocessione. Non fu difficile cambiare rotta con una rosa come quella. Il mio merito fu solo di farli sentire importanti e gestirli traendo il meglio da ciascun. E credo che se qualche gara fosse andata per il verso giusto rispetto a quanto eravamo stati in grado di offrire, avremmo potuto aspirare a qualcosa di meglio della semplice salvezza”.
Non sia modesto, non si è solo limitato a gestire bravi giocatori.
“Ebbene si, devo dire che fu grazie alla mia intuizione di trasformare De Rosa da centrocampista a centrale di difesa che ci siamo ritrovati ad ammirare in serie A e per lungo tempo un ottimo calciatore”.
E del ritorno a Piazzale Gargiulo?
“Una parentesi breve, intensa, ma molto bella, rovinata da un presidente come Antonino Pane che finì con il distruggere un sogno. Da direttore generale avevo costruito un Savoia fortissimo ma tutto finì dopo la presentazione holliwoodiana al Giraud cui seguì il ritiro dove fummo gelati dalla mancata iscrizione al campionato”.
IMPROTA E CARRUEZZO – Lei ha conosciuto Carruezzo da giocatore e dirigente, che impressioni ne ha tratto?
“Tony è una persona eccezionale, molto legata alla piazza e meritevole di tutto il mio rispetto. Con lui ho un grande rapporto. L’ultima volta che ci siamo incontrati mi ha fatto un complimento che mi ha gratificato dicendomi che quel vecchio Savoia, di cui ambedue facevamo parte, aveva in pratica anticipato il gioco di Pep Guardiola. Una soddisfazione enorme per me”.
L’AVVENUTURA A CASTELAMMARE – Veniamo alla sua Juve Stabia: campionato in linea con le aspettative o c’è rammarico?
“Avevamo preventivato un torneo di assestamento; strada facendo ci siamo resi conto di poter ottenere qualcosa di più e di meglio. Il cruccio nasce dall’aver perso punti proprio con le battistrada Salernitana e Benevento a capo di partite in cui abbiamo dominato per tre quarti di gara incamerando zero punti”.
Cosa ci dice del battibecco dell’andata tra lei e Scarpa?
“Ma no, non è successo nulla! A fine gara mi sono avvicinato a lui e Di Carmine con l’intento di rasserenare gli animi ed il mio gesto è stato travisato. Dopo pochi minuti, però, negli spogliatoi, abbiamo chiarito tutto ed ambedue mi hanno chiesto scusa”.
Cosa si aspetta dalla partita di sabato?
“Come ho già detto si tratta di una gara anomala. L’assenza di pubblico può danneggiare sia noi che il Savoia. A tal proposito, mi permetta di lanciare un appello alle tifoserie perché rinnovino il gemellaggio sia per ricomporre una ferita ormai vecchia ma anche per regalare a partite come questa il contorno che meritano”.
(Matteo Potenzieri)